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124 del rinnovamento civile d'italia


demeriti, o dèi fare altrettanto verso i minori (e in tal caso a che si riduce la storia?), o sei parziale ed iniquo, usando rigore ai piccoli e indulgenza a coloro che per la potenza e pel debito di ben fare meritano, peccando, piú inesorabile punizione. Senza che, cotale benignitá a sproposito può aver pessimi effetti, perché i successori del morto e gli altri potenti, vedendo che le colpe degli estinti si passano in silenzio o anche si lodano e che il regno fa ottenere leggermente l’apoteosi, vengono a mancare di un ritegno e stimolo fortissimo per fuggire l’imitazione dei falli e rendere da ogni parte virtuosa la loro vita. Troppo importa il mostrare ai principi che se essi sovrastanno ai privati di grado e di potenza, sono loro uguali nel soggiacere alla pubblica opinione, e che se, mentre vivono, le loro colpe si tacciono per ossequio o per paura, tanto è maggiore l’obbligo postumo di ricordarle. Gli scritti fatti in altro modo sono inutili a chi regna e non adempiono il voto di Demetrio di Falera, il quale volea che «quanto non ardiscono dire gli amici ai re loro, si trovi scritto nei libri»1. Laonde io non istimo (massime quando si tratta degli uomini di grande affare) che le virtú debbano far porre in oblivione le colpe, anzi credo col Machiavelli che «nelle repubbliche bene ordinate non si debbono mai cancellare i demeriti coi meriti e compensare gli uni cogli altri»2. Anche in religione il fallo non si cancella che con la pena, la quale negli ordini civili e per gli uomini chiari consiste principalmente nella severitá della storia e nel giudizio universale degli avvenire.

Pochi principi furono, vivi, cosi lacerati e, morti, cosi esaltati dai medesimi uomini come il re Carlo Alberto. Tale suol essere il costume predominante nei paesi poco esperti alla vita civile, nei tempi torbidi e presso gli animi appassionati, i quali, come Aristotile dice dei giovani, «troppo amano o troppo odiano»3 e, come Tacito osserva del volgo, non tengono la via di mezzo,



  1. Plut., Apopht.
  2. Disc., i, 24.
  3. Rhet., ii, i2.