del governo parlamentare, i quali richieggono che quando gli opponenti costringono il ministero a ritrarsi, da lor si piglino i successori. Il che stando, la scelta era quasi determinata; ché il Ricci e il Rattazzi erano giá stati ministri, Domenico Buffa aveva per la schiettezza dei modi e la lealtá dell’animo anche la stima degli avversari, il Sineo e il Cadorna campeggiavano fra i membri piú attivi della parte e del parlamento. E benché tutti sedessero fra gli opponenti, niuno però apparteneva ai gradi estremi delle loro file. Desiderando che le provincie unite avessero un interprete nel Consiglio e non avendo potuto colle piú vive istanze risolvere il Paleocapa ad entrarvi, Vicenza mi diede Sebastiano Tecchio, uomo di vivo ingegno e di spiriti generosi. Se tale assortimento riuscí cattivo, la colpa è tutta dei conservatori, i quali, collegandosi coi ministri dei 19 di agosto e spalleggiando la loro infelice politica, mi costrinsero a unirmi coi democratici per combatterla. La colpa fu in ispecie di Pierdionigi Pinelli che, da me dipartendosi e lasciandomi solo, mi obbligò a cercare novelli amici. Né perciò io deposi l’antico pensiero di conciliare insieme le varie opinioni, e volli dare alla parte conservatrice qualche voce nel nuovo Consiglio. Ciò era opportuno a tranquillare i timidi del Piemonte e avvalorare il mio credito anche di fuori presso i governi paurosi dei democratici. Ma le offerte e le premure ripetute e caldissime fatte (oltre al Paleocapa) ad Alfonso della Marmora, al Desambrois, al Gonet, al Ceppi e ad altri valentuomini di chiara e meritata fama, tornarono inutili, con mio rammarico piú che stupore. Imperocché i fautori della mediazione aveano sin da principio sparsi tali dubbi sulla mia sufficienza politica, sulla fermezza, sulla onestá, gli uni spacciandomi per complice occulto, gli altri per cieco strumento dei repubblicani, che il rifiuto non mi die’ meraviglia. Uno però dei soprascritti avea quasi porto il suo assenso: poi anch’egli si ritrasse, e indotto da chi? da Pierdionigi Pinelli. Ma se l’uomo illustre avesse avuto seggio in Consiglio quando nacque il famoso dissidio, il re non si sarebbe probabilmente appigliato al partito peggiore: rinforzato da tale appoggio, io non sarei caduto e l’Italia sarebbe libera. Cosí il