Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/170

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il compimento; che bisogna incominciare col poco per far molto; che il creare in ogni genere di esistenze non ha mai dell’appariscente e del magno in ordine al senso, perché l’opera ci è contenuta solo per modo di potenza e di rudimento, e tuttavia in esso risiede agli occhi della ragione la prima e somma grandezza; e che in fine quell’antica Italia, che sali in cielo colla gloria e colla potenza, ebbe pure un’origine minuta e volgarissima, imperocché senza l’umile masseria di Faustolo e il murello cavalcato da Remo, la cittá di Romolo non sarebbe divenuta regina del mondo e metropoli dell’universo» (0. Cosi io faceva la critica e insieme l’apologiá del Risorgimento assai prima che si attendesse a colorirlo, e antiveniva di cinque anni l’obbiezione che ora si ripete da tanti. Le angustie e imperfezioni del lavoro non assolvono dunque coloro che lo distrussero, come non debbono far vergognare quelli che presero a condurlo, quando gli umili principi acchiudevano la gloria della creazione. Né ai principiatori tal lode è tolta dai guastatori dell’opera che vennero dopo, essendo indelebili i semi gittati, e il tenue albore del Risorgimento italiano annunziando la luce del Rinnovamento.

(i) Prolegomeni , pp. 414, 415, 416.

FINE DEL LIBRO PRIMO.