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libro secondo - capitolo primo 209


intellettuale come il politico, e ingegnandomi di acconciarmi ai tempi e di adattare il cibo alla potenza che nei piú si trova per riceverlo e smaltirlo. Farò altrettanto in ordine al Rinnovamento, per quanto avrò di forze e di vita. Ma che può valere il mio piccolo obolo, se i miei compatrioti non ci aggiungono i tesori del loro ingegno? Tocca a loro il creare e diffondere la scuola del Rinnovamento, affinché le occasioni avvenire non trovino l’Italia mal preparata come quelle che si ebbero in addietro. Imperocché la vita nuova italiana non potrá aver luogo quando non sia preceduta e inviata da una scienza nuova, se mi è lecito l’usare in questo proposito l’eloquio pellegrino dell’Alighieri e del Vico.

Sarebbe follia l’invitare all’impresa gl’illiberali, i municipali e i puritani. I primi non sono vaghi del nuovo, poiché anzi vorrebbero ritrarci al vecchio dei bassi tempi, né possono servire in altro il moto futuro che rendendolo vie piú necessario e accelerandolo colle improntitudini e colle violenze. I secondi, che non seppero intendere il Risorgimento e volendolo coartare

il guastarono, sono ancor meno in grado di capire il Rinnovamento. Eccovi che anche oggi non ne hanno il menomo sentore; dal che si può conghietturare che, venuti i nuovi tempi, faranno ogni opera per contrastarli, imitando quel Decimo Pacario di cui parla Tacito1, che, «in tanta mole di guerra ridicolo», volea con un pugno d’uomini mutar l’imperio del mondo. Parrebbe a prima fronte che i puritani, avendo trovato il Risorgimento troppo scarso all’ampiezza dei lor desidèri, facciano piú a proposito per la nuova epoca. Ma la loro boriosa ignoranza, l’inesperienza e imprevidenza assoluta, il difetto di giudizio pratico, l’immoderanza delle proprie opinioni, l’intolleranza delle aliene, e sovrattutto l’egoismo fazioso, l’ambizione personale e le dottrine corrotte che professano nell’elezione dei mezzi e del fine, sono tali parti che in ogni condizione di luoghi e di tempi posson rovinare le imprese politiche e non mai vantaggiarle. La discrezione c necessaria in ogni caso, perché gli assunti




V. Gioberti, Del rinnovamento civile dell'Italia - ii.

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  1. Hist., ii, i6.