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214 | del rinnovamento civile d’italia |
caso comprende tutti i dati sociali; e siccome in ogni nazione culta questi dati sono molti, séguita che per essere dialettico lo Stato non può mai avere quella forma semplicissima, che solo conviene ai tempi rozzi e primitivi. La mania del semplice invade oggi quasi tutti i politici, ed è sovrattutto comune alle due sètte piú opposte e nel tempo medesimo piú ignoranti, cioè ai retrogradi e ai puritani. Imperocché gli uni e gli altri si accordano a volere una potestá unica, indivisa, assoluta; se non che i primi la pongono nel principe e gli altri nel maggior numero, rappresentato da un consesso unico e dai comizi nazionali. Con tal ripiego riescono per vie differenti allo stesso effetto, cioè alle tirannide di un solo o di molti e quindi alla barbarie. Non voglio giá negare che siccome in certi tempi il dominio assoluto di un uomo è la miglior composizione di Stato, come necessaria e sola possibile; cosi in altri non si debba antiporre un magistrato popolare unico, secondo che ebbe luogo in Francia nell’ultimo decennio del passato millesimo. Ma Luna e l’altra di tali due forme non possono essere ferme e durevoli, e non sono da stimar buone che come dittature e autocrazie passeggiere e straordinarie, cioè l’una nelle etá barbariche o di licenza e dissoluzione sociale, l’altra nei periodi di rivoluzione.
L’error di costoro muove da questo falso: che nella semplicitá assoluta risegga la perfezione creata. Il semplicissimo non è perfetto che negli ordini dell’ infinito, perché in quelli che hanno limiti l’eccellenza può solo nascere dal moltiplice delle varietá e delle relazioni. Ciò si verifica nelle arti, nelle lettere, nelle scienze, nelle leggi, nella religione e in tutte le parti del pensiero e dell’azione umana, anzi nella natura medesima. 11 naturale, come giá avvertimmo, non si dee confondere col rozzo, col greggio, col primitivo. Il primitivo è anch’esso naturale, non giá come atto ma come potenza, in quanto acchiude la ricca semente dei frutti nascituri. Esso è pertanto la base del naturale, ma non è tutto il naturale e né anco la parte sua piú esquisita, atteso che la perfezione sta nell’atto e non mica nella potenza. Altrimenti la natura non saria perfettibile sia nell’ordine delle epoche come in quello dei regni; o pure dovremmo dire