Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 2, 1911 - BEIC 1832860.djvu/294

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virtú. La religione, che quando è sincera riscuote la venerazione eziandio de’ suoi nemici, prese aspetto di un’arte ipocrita con cui Roma uccellasse, sotto pretesto del cielo e delle anime, ad appropriarsi e godersi la terra; onde nacque la rottura deplorabile che svelse senza rimedio la metá di Europa da Roma.

Il male scemò alquanto per le riforme seguenti, ma non ebbe fine, perché anche i concili erano screditati e il mondo non fu guari piú docile agli oracoli di Trento che a quelli di Laterano (0. I disordini ripresero a poco a poco il campo perduto e oggi di nuovo imperversano, perché quanto piú la potestá temporale è abborrita tanto piú si fa opera e si usa ogni arte per sostenerla. Parecchi di coloro che reggono in nome del pio e santo pontefice venderebbero non mica la cittá, come ai tempi di Giugurta (*), ma il tempio, se trovassero il compratore. Quel cardinale Antonelli, che fa strazio da due anni di ogni cosa sacra e profana, non è certo si cieco da non vedere quanto del suo governo la fede si disvantaggi ; ma che rileva? purché non manchino le prebende e le mense. Questo è il «Belial» a cui si sacrifica nei santi luoghi (3); questo è il «principato del mondo» che fa scordare l’ovile e il regno di Cristo W. Le opinioni e le dottrine medesime si misurano a tale stregua, e si permette ai gesuiti di trasfigurare in farisaismo la legge cristiana, perché complici e lodatori di ogni enormezza civile. Chi vorrebbe all’incontro correggere il temporale con giusti e opportuni temperamenti è vituperato, e si costringono le sacre congregazioni a contraddirsi, censurando pubblici scritti giá dichiarati per incorrotti. L ’Indice dei libri proibiti, che dovrebbe secondo il suo instituto presidiare la veritá, è divenuto anch’esso strumento di cattiva politica, adoperandosi a mettere in infamia

(i) A proposito del quale il Guicciardini scriveva: «Cerimonie bellissime e santissime e da penetrare insino nelle viscere dei cuori degli uomini, se tali si credesse che fossero i pensieri e i fini degli autori di queste cose, quali suonano le parole» 0 Stor ., x, 5).

(j) Sall., Iug., 35.

(3) II Cor., vi, 15.

(4) Ioh., xii, 31; xiv, 30; xvi, 11.