Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/123

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perché non ci è paese dove meno si studi la lingua e si studino i maestri scrittori di essa, senza di che in nessuno si potrá mai scriver bene; ed oltre a ciò non è paese che parli meno italiano di Firenze. Non hanno di buona favella niente fuorché l’accento; i vocaboli, le frasi vi sono molto piú barbare che altrove. Perché iv r i non si leggono se non che libri stranieri. Chiunque in Toscana sa leggere, dee V. S. tenere per certissimo che non parla italiano; e questo rimane solo a quei poveri e rozzi che non sanno punto leggere» (*). Simili querele spesseggiano negli scritti del Cesari, del Perticari e del Monti.

10 non so se elle sieno esagerate o se oggi le condizioni sieno mutate < 1 2) ; ma ancorché non fossero, non temerei, ricordando

11 giudizio del Giordani e di quegli altri valentuomini, di offendere il popolo piu gentile d’Italia, si perché io so di certo che egli antipone la veritá ad ogni altro rispetto, e perché, chi ben guardi, il biasimo non è senza lode. Imperocché tanta è la finezza ingegnosa dei fiorentini e degli altri toscani, che il loro stile, ancorché manchi di purezza, ha però sempre un’euritmia, una limpidezza, una disinvoltura naturale, di cui non si trova vestigio negli altri italiani che scrivono scorrettamente. 11 qual pregio è sottosopra comune anche a Roma, privilegiata egualmente di poter supplire in qualche parte allo studio colla felicitá dell’ingegno e della natura.

La scuola nazionale, di cui feci discorso nel precedente capitolo, non può dunque essere compiuta se le buone lettere e la buona lingua, che ne è il fondamento, non si aggiungono al saliere, ripigliando le riforme dell’Alfieri e guardandole dallo sviamento de’ suoi successori. La dottrina, massimamente civile,

(1) Epistolario del Leopardi, t. n, pp. 290, 291.

( 2 ) Io spero che sieno, e mi par poterlo dedurre dai lavori importanti che ci si fanno intorno ai classici e alla buona lingua. Poiché, senza parlare di quelli che escono dagli accademici della Crusca (e fra gli altri dall’egregio Manuzzi, che può dirsi toscano per affetto e per domicilio) le cose del Guasti e 1 ’Etruria, che si pubblica in Firenze per opera di Pietro Fanfani e di alcuni suoi dotti amici, fanno buon testimonio che i piú gravi infortuni della patria non possono intiepidire lo zelo dei valorosi per la sua lingua.