Pagina:Gioberti - Del rinnovamento civile d'Italia, vol. 3, 1912 - BEIC 1833665.djvu/63

Da Wikisource.

CAPITOLO SETTIMO

DELLA SCIENZA CIVILE ITALIANA

«L’uomo tanto può quanto sa», dice Francesco Bacone di Yerulamio; onde i popoli che sanno poco valgono poco, quelli che non sanno nulla sono al tutto invalidi ed impotenti. Nelle materie politiche la scienza è in gran parte esperienza, e dal difetto di tali due cose nacquero le nostre recenti disavventure. Imperocché i piú di coloro che presero ad avviarle o, dirò meglio, a sviarle, non aveano preveduto il moto italico né abilitato se stessi a condurlo; intenti gli uni (cioè i municipali) a godere, arricchire, oziare e deridere i santi desidèri dei popoli ; gli altri (cioè i puritani) a cospirar dentro e fuori senza costrutto, precipitare gl’incauti in tentativi precoci, inutili, calamitosi, far proseliti con forinole vuote, superficiali e disproporzionate ai bisogni e alle condizioni effettive d’Italia. Quando un tirocinio migliore non preceda il Rinnovamento, l’esito sará pari, e tanto piú colpevole quanto che mancherebbe ogni scusa e giustificazione. Se il doloroso riposo oggi imposto agl’italiani dee bastare a lungo (e nessuno può antivederne il termine con certezza), esso fia tanto piú opportuno all’acquisto del sapere. Oh! non lo sciupiamo. L’interregno politico d’Italia sia un’epoca di attivitá intellettuale. Avvezziamoci pensando e studiando a operare. In vece di consumare il tempo in fremiti inutili, in congiure dannose, in vani concetti di utopie e in disegni colpevoli di rappresaglie, attendiamo a instruire, a formare una generazione nuova, che di pensieri e di spiriti sia degna d’Italia e pari alla grandezza