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libro secondo - capitolo settimo |
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«stil dei moderni»1, non pure nelle lettere e nelle scienze ma nella vita civile. E però se l’antica scuola politica d’Italia ebbe a padre Pitagora, la moderna riconosce Dante per suo progenitore. Il quale pose fine al barbarico col rinnovare l’antico, ribenedirlo, proscioglierlo dall’anatema con cui l’ignoranza e la superstizione escluso e vituperato l’avevano. Con audacia filosofica e poetica, ma senza uscire dei termini ortodossi, egli incielò la sapienza greca e romana nel cuor medesimo dell’inferno2: fece l’apoteosi di Cesare3 e, accompagnandola con quella di Catone4, volle insieme rendere omaggio al redentore della plebe e al martire degli ordini antichi, e mostrarsi conservatore e democratico. La religione universaleggia nel suo poema piú per la forma che per la sostanza. «Primo di tempo e d’ingegno — dice il Giordani, — egli mutò al nostro mondo la sede, non la natura; e cosi, non ostante il teologico del suo barbaro secolo, potè esser poeta morale e civile; con ciò, utile a tutti i secoli»5. L’Alighieri svolge nelle prose una polizia nuova, fondata nei dettami degli antichi saggi, la quale ha tre capi, cioè la monarchia, come fattiva di unitá nazionale; l’aristocrazia naturale dei virtuosi e degl’ingegnosi, come regola di buon governo e guardia di libertá; e in fine l’indipendenza temporale de’ laici, come molla d’incivilimento. Né pago di lavorar sugli astratti, egli cerca da uomo pratico il concreto per incorporarli, e trova il regno unificativo d’Italia nel principato piú illustre della storia, cioè nell’impero cesareo. Ché se l’ignoranza di un secolo che credeva alle False decretali e al dono di Costantino non gli permette di distinguere dal legittimo imperio i Cesari
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V. Gioberti, Del rinnovamento civile dell'Italia - iii. |
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- ↑ Petrarca, Rime , iv, son. 7.
- ↑ Inf., iv. «L’aver trovato modo di porre qui Cantico Eliso senza offendere i teologi fa onore tanto all’ingegno quanto alla savia filosofia di Dante» (Opere poetiche di Dante Alighieri con note di diversi, Parigi, i836, t. i, p. 27i).
- ↑ Par., vi, 55, 56, 57.
- ↑ Purg., i; {{TestoCitato|Convivio|Conv.}., iv, 5. Qui celebra, oltre Catone, tutti i grandi dell’antica Roma, chiamandoli «cittadini divini» e attribuendo le «divine» loro «operazioni a divino aiutorio, divina spirazione, divina istigazione e celestiale infusione». Intendi naturalmente.
- ↑ Opere, t. ii, p. 388.