Pagina:Giosuè Borsi - Lettere dal fronte, 1918.djvu/66

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nostro dottore. Questo fortunato mortale, il grande capitalista del luogo, ha una capanna che sembra un palazzo, piena d'ogni ben di Dio. Pensa che egli ha un vero lavamano, proprio autentico, un vero tavolino con tutte e quattro le gambe, una lanterna appesa al soffitto (quella però l'abbiamo anche Giorgio ed io, invidiatissimi) ed un tabernacolo con la Sacra Famiglia, dietro al quale si annida una scatola armonica che suona fino a tre ariette differenti. Questo gli conferisce, come bene intendi, un prestigio ed una supremazia indiscusse. È il giovane e valentissimo dottor Giovanni Quenda, piemontese, che ieri corse il rischio d'esser mandato in bricioli da una granata indiscreta scoppiata a un passo da lui, lasciandolo incolume per un miracolo. Ma se egli ha la fortuna della scatola armonica, il tenente Cresci ha quella del servizio da tè, e, capirai, questo ce lo rende molto rispettabile. Il tenente Maltagliati ha un palagio in cui non si può stare in piedi o seduti se non con molto stento, ma ha il pregio inestimabile che è riparato in modo sovrano, e non ci piove neanche quando imperversa il più torrenziale uragano.