Pagina:Giosuè Matteini - Istoria dell'astronomia e sistema planetario di Copernico, 1785.djvu/17

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Essi ritrosi invano, e incerti in mezzo
Alle luttanti insiem potenze altera355
A te d’intorno con alterni moti
Volvonsi ognora, e in regolati giri.
E tu, o Mercurio, o dall’Argive sola
Fatto già Nume un dì, figlio di Maja,
Figlio del sommo Giove, e Nunzio amico360
A i celesti non men, che ai Numi inferni
Della Cetra, che poi fu cara a Febo
Fabro ingegnoso insiem, cui diero in cura,
La divina facondia, e i sacri studj.
Tu primo in te senti il vigor di queste365
Vittrici forze, e intorno al Sol ti aggiri
Entro i suoi raggi immerso, onde ti celi
Spesso al guardo astronomico... ma veggio
Già sfolgorare innanzi a me ridente
L’alma Acidalia Dea Venere bella,370
Che dei molli piaceri un dì nodrice
Nei sozzi templi d’Anatunta, e Paso
Ebbe da folta turba incensi, e voti,
Or foriera del giorno, ed or seguace
Sotto triplice aspetto a me risplende.375
So ben che cinta d’immancabil luce
Un dì la immaginaro Atene, e Roma;
Ma aggirarsi del Ciel per gli ampli spazj
Sotto altre forme Galileo la vide,
E al guardo suo trionfator dei Cieli,380
lnvan fremendo di Stagira i servi,
Celar non seppe la cornuta fronte.
Ma qual la cinse orror, quanto diversa