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malattie hanno esiti tanto più funesti, quanto meno trovasi a portata d’avere un buon maniscalco che possa, col sussidio della ferratura, arrestarne e moderarne gli effetti. Diremo nulladimeno, che questa pratica, tanto vantaggiosa quando è applicata con discernimento, diviene perniciosa allorchè è in opposizione alla buona direzione della natura: può, in quest’ultimo caso, ristabilire alterazioni incompiutamente guarite, produrne delle nuove, e rendere il piede molto più ammalato di quello lo era prima.

Lafosse padre, al quale la chirurgia veterinaria va tanto debitrice, concepì per il primo l’idea di basare la pratica della ferratura sulla struttura organica del piede. Il suo opuscolo già citato rinchiude una tavola anatomica susseguita da due intagli le cui figure rappresentano in piccolo diverse parti del piede, le quali l’autore non fa che indicare: questa tavola, per verità, non è che un abbozzo d’anatomia piuttosto che un oggetto accessorio ai soggetti principali dell’opera, ma dessa bastò, all’epoca in cui comparve, per porre le basi fondamentali d’una ferratura razionale, per rovesciare ogni idea empirica e produrre una felice rivoluzione. L’opera, abbozzata dal padre, ricevette, alcuni anni dopo, per le cure particolari del figlio, un grande aumento, e l’anatomia del piede fu trattata nel Manuel d’hippiatrique pubblicato nel 1776, con delle particolarità che, se non sono finite, hanno però il merito dell’esattezza.

L’autore di questo Manuale esamina dapprima lo zoccolo, quindi le parti contenute, le dure e le molli;