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attorno alla corona, alla pastoja ed al nodello, come pure le scarrificazioni praticate al dissopra del cercine, vennero consigliate da molti pratici per combattere questo stato sempre fatale.

Le derivazioni che si sollecitano colle frizioni irritanti sono al certo i migliori mezzi impiegati per trionfare delle riprensioni intense, esiti di fatiche, di corse o d’altre violenze esterne; ma queste frizioni fatte alla corona ed alla pastoja trovansi troppo vicine alla sede del male; la sperienza prova che riescono maggiormente vantaggiose allorchè vengono praticate al garetto od al ginocchio, e che si limitano a queste articolazioni. A tal uopo ponnosi impiegare tanto l’olio essenziale di trementina o di lavanda, quanto la tintura di cantaridi, a seconda dell’intumidimento che desiderasi ottenere, e che, una volta stabilito, fa cessare l’infiammazione del piede. È ottimo, anzi necessario far precedere questo trattamento da una forte sanguigna alla giugulare, come pure favorirne l’efficacità col rinnovare la sanguigna e coll’uso dei cataplasmi astringenti ai piedi ammalati. Se il cavallo è cattivo in modo che non voglia sopportare nè lasciarsi applicare i cataplasmi, si può praticare, nel luogo ove posa i piedi quando è tenuto in scuderia, un gran foro, che si riempie d’argilla stemprata nell’aceto o nella soluzione di solfato di ferro.

Una tinozza, od una vaschetta di pietra, interrata rasente il suolo, converrebbe al certo meglio per quest’uso; ma è raro il poter disporre d’alcuno di questi oggetti. Si lasciano soggiornare i piedi ammalati