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dell’altro, assottigliare il meno elevato, come pure abbattere i talloni ogni qualvolta la punta sia troppo lunga, affine, dice egli, determinare i sughi nutritivi a portarsi nella parte la più indebolita, nella quale penetreranno tanto più facilmente, quanto meno esisteranno parti morte e semivive. Malgrado tutto il rispetto dovuto alla memoria del celebre fondatore delle nostre scuole veterinarie, è impossibile ammettere simili precetti, meno ancora fare l’applicazione di una teoria che fondasi su basi puramente immaginarie. La sana pratica riprova egualmente la lunghezza dei gambi, suscettibile d’affaticare i talloni, ed originare diverse alterazioni; l’eccessiva borditura, propria a schiacciare i quarti e rendere i piedi giacciuoli; infine, la distribuzione del ferro in nove parti eguali, la quale porta troppo gli stampi nel tallone ed espone gli animali a ferirsi.

Se è vero, siccome è opinione propagata sino a’ giorni nostri, che Bourgelat compilò il suo Traité de ferrure secondo le idee fornite da Chabert suo allievo, riesce difficile concepire i principi inseriti in quest’opera e dei quali ne presentiamo un abbozzo. Chabert possedeva cognizioni le più positive in mascalcia, ed era al certo l’uomo il più capace di diriggere la penna di Bourgelat.

Rincresce abbia questo pratico così illuminato nulla scritto su questo ramo importante. La sua teo ria allontanavasi tanto dai precetti di Bourgelat quanto da quelli di Lafosse. Chabert aveva studiato accuratamente tutto ciò che presentavano di viziose