Pagina:Giuseppe Conti Firenze vecchia, Firenze 1899.djvu/425

Da Wikisource.

XXVII

Mercato Vecchio - Il Ghetto


Le rovine della civiltà romana - Il palazzo dell’Arte della Lana - La Colonna di mercato - L’osteria della Cervia - La spezieria del Giglio - Il Barda vinaio - Un cuoco di baldacchino - La beccheria - La fila - La spezieria dello Spirito Santo - Il palazzo della Cavolaia - Il palazzo Vecchietti - San Pier Buonconsiglio - Il Mercato Vecchio nelle solennità - L’Arte in Mercato Vecchio - Il Gran Postribolo - Gli ebrei prima del Ghetto - Quando e come fu edificato il Ghetto - L’interno - Sono levati i portoni - Cosa divenne il Ghetto - A toccaferro con la polizia - Le cose a posto.

Se Piazza del Granduca aveva un’impronta caratteristica, Mercato Vecchio ne aveva una non meno singolare e curiosa.

Dallo sdrucciolo di San Michele e Baccano - quel tratto di Via Porta Rossa fra Via dei Calzaioli e le Logge di Mercato Nuovo - si entrava in Calimara, breve tratto dell’antica via lunga due miglia toscane, che da San Gallo a Porta Romana divideva Firenze in croce; un’altra strada, lunga altrettanto, dalla Porta alla Croce menava diritto a quella del Prato attraversando Il Mercato Vecchio.

Sarebbe ozioso e superfluo rifare la storia fortunosa di questa antichissima parte della città, che fino dalla sua origine fu la più importante, e poi divenne il cuore di Firenze. All’epoca romana quivi sorgevano il Campidoglio, il fòro, le superbe terme con impiantiti a mosaico e vasche e forni e tepidari e calidari, che potrebbero servire anche oggi di efficace esempio nelle costruzioni di locali consimili.