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LA FAMIGLIA DELL'ANTIQUARIO 333

Cavaliere. Signora, io credo che voi scherziate.

Doralice. Perchè lo credete?

Cavaliere. Perchè mi dite queste cose con placidezza, e si vede che non siete in collera.

Doralice. Questo è il mio naturale. Io vado in collera sempre così.

Cavaliere. La signora contessa Isabella si chiama offesa.

Doralice. Mi dispiace.

Cavaliere. E sarebbe bene vedere di aggiustar la cosa, prima che gli animi s’intorbidassero soverchiamente.

Doralice. Io non ci penso più.

Cavaliere. Lo credo che non ci penserete1 più; ma ci pensa la signora suocera, che è restata offesa.

Doralice. E così, che cosa pretenderebbe?

Cavaliere. Troveremo il modo dell’aggiustamento.

Doralice. Il modo è facile, ve l’insegnerò io. Cacciar di casa la cameriera.

Cavaliere. In questa maniera la parte offesa pagherebbe la pena.

Doralice. Orsù, signor Cavaliere, mutiamo discorso2.

Cavaliere. Signora mia, quando il discorso vi offende, lo tralascio subito. (Non la vo’ disgustare). (da sè)

Doralice. Mi pareva impossibile che foste venuto a visitarmi per farmi una finezza.

Cavaliere. Perchè? signora, perchè?

Doralice.3 La signora suocera mi tien lontana dalle conversazioni; dubito sia perchè tema ch’io le usurpi gli adoratori.

Cavaliere. (È furba quanto il diavolo). (da sè)

Doralice. Ma non dubiti, non dubiti. Io prima non sono nè bella, nè avvenente, e poi abbado a mio marito e non altro.

Cavaliere. Sdegnereste dunque l’offerta d’un cavaliere, che senza offesa della vostra modestia aspirasse a servirvi?

Doralice. E chi volete che si perda con me?

Cavaliere. Io mi chiamerei fortunato, se vi compiaceste ricevermi per vostro servo.

  1. Bettin.: che voi non ci pensate.
  2. Bett: o mutiamo discorso, o vi levo l’incomodo.
  3. Bett., Pap. ecc. premettono: Perchè so di non esser degna.