Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/224

Da Wikisource.
212 ATTO PRIMO


da Napoli con un bastimento per venire a Palermo, una burrasca mi ha fatto rompere vicino al Faro. Ho perso la roba ed ho salvato la vita. Sono andato a Messina senza denari, malconcio dal mare e dalla fortuna, sconosciuto da tutti, senza sapere come mi far per vivere. Sono stato accolto con carità da un maestro di scuola, ed io, per ricompensa del pane che egli mi dava, lo sollevava dalla fatica maggiore, e per tre mesi continui ho insegnato a leggere e scrivere a’ ragazzi: professione che non1 pregiudica in verun conto nè alla nascita, nè al decoro di un uomo onesto e civile.

Aurora. Sentite, il signor2 Guglielmo è una persona civile. Ha fatto il maestro per accidente3. (a donna Livia)

Livia. Come poi avete fatto a partir di Messina?

Guglielmo. Coll’aiuto di un mio paesano. Noi altri Veneziani per tutto il mondo ci amiamo come fratelli, e ci aiutiamo, potendo. Mi ha egli assistito, mi sono imbarcato, e son giunto in Palermo.

Aurora. Quei due Napolitani amici di mio marito, che vi hanno a lui raccomandato, dove li avete voi conosciuti?

Guglielmo. Per accidente, nella tartana che qui mi trasportò da Messina. Presero a volermi bene, e mi fecero il maggior regalo del mondo, collocandomi in una casa che mi ha colmato di benefizi.

Aurora. Il signor Guglielmo si fa adorare da tutti.

Livia. Sì, è vero; ha maniere veramente gentili.

Guglielmo. Le prego, non mi facciano arrossire.

SCENA XI.

Fermo cameriere e detti, poi il Conte di Brano.

Fermo. Signora, è il signor conte di Brano. (a donna Livia)

Livia. Venga, è padrone.

  1. Pap.: professione che non è trattata dalle persone nobili, quando e mercenaria, ma che non ecc.
  2. Pap.: Sentite? Il signor ecc.
  3. Pap.: aggiunge: già me lo aveva detto.