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L'AVVENTURIERE ONORATO 227


mente, ma credetemi, non posso far a meno di non far così. Un giorno poi vi dirò ogni cosa.

Guglielmo. Ed io per ora non parlo, perchè voi siete il padrone di casa vostra, e a chi m’ha fatto del bene, non voglio arrecar dispiaceri. Ma un giorno verremo in chiaro di tutto. Signor don Filiberto, vi domando perdono degl’incomodi che vi ho cagionati; vi ringrazio infinitamente, e mi darò l’onore con comodo di riverirvi. (in atto di partire)

Filiberto. Ehi. Sentite. Di quelle dieci doppie cosa facciamo?

Guglielmo.1 (Cospetto! le dieci doppie adunque sono provenute da lui), (da se) Non so che dire; farò tutto quello che voi volete. (Se le vorrà indietro, converrà metterle fuori). (da sè)

Filiberto. Gli uomini d’onore non si approfittano dell’altrui denaro.

Guglielmo. Se siete voi un galantuomo, tale mi professo di essere ancora io.

Filiberto. Le dieci doppie... (tirando fuori la borsa)

Guglielmo. Sì signore, ecco qui le sue dieci doppie, (mostra la borsa)

Filiberto. Come! Sono qui le vostre dieci doppie, (scuote la borsa)

Guglielmo. Le mie? Dico che le vostre sono in questa borsa.

Filiberto. Oh bellissima! Non avete voi dato dieci doppie effettive di Spagna a mia moglie, perchè comprasse della cioccolata?

Guglielmo. Oh! che dite voi? Ella ha dato a me dieci doppie per le mie occorrenze.

Filiberto. Come va questa faccenda?

Guglielmo. Ecco la signora donna Aurora; ella diluciderà ogni cosa.

SCENA V.

Donna Aurora e detti.

Filiberto. Moglie mia, queste dieci doppie a chi vanno?

Guglielmo. E queste di chi sono? (ciascheduno mostra la borsa)

Aurora. (Che cosa2 ho da dire io?) (da sè) Chi le ha, se le tenga.

  1. Segue nell’ed. Pap.: «(L’ho detto io che sarà per le dieci doppie). da sè. Non so che dire ecc.».
  2. Pap.: Oh diamine! Che cosa ecc.