Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/578

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564 ATTO PRIMO
     Due giorni son che abbiam la gola tesa,

     Senza mai mandar giù neanche un boccone.
     E tanto tempo che non ho mangiato,
     Non posso più parlar, mi manca il fiato.

Brighella. Poveretta! La me fa compassion.

Ottavio. Ho inteso tutto; se posso, voglio anch’io rispondervi con un’ottava all’improvviso. Io veramente non sono solito a improvvisare, ma m’ingegnerò. (Se avessi il rimario addosso!) (da sè) Basta, mi proverò. Compatirete.

     Ho inteso, ho inteso i vostri casi strani,

     Vi compatisco e ho di voi compassione.
     Venite a casa mia... Venite a casa mia...
     Venite a casa mia dunque domani.

Voleva dir che veniste oggi, ma per causa della rima verrete domani.

Corallina. Signore, mi perdoni, il verso potrebbe dire:

     Venite a casa mia oggi e domani.

Ottavio. È vero, ma parrebbe che non vi volessi più.

Tonino. Con un altro verso se comoda.

     Finchè volete voi, vi fo padrone.

Ottavio. Benissimo. Torniamo da capo.

     Ho inteso, ho inteso i vostri casi strani,

     Vi compatisco e ho di voi compassione.
     Venite a casa mia oggi e domani,
     Finchè volete voi vi fo padrone.

Una rima in ani, ed una in one.

     Vivano i Fiorentini, e i Veneziani,

     Vivan le Muse e Apollo...
     Vivan le Muse e Apollo...

Brighella. Mio padrone...

Ottavio. Sì. Vivan le Muse e Apollo mio padrone.

     Venite, che a cenar meco v’aspetto...