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260 ATTO SECONDO

SCENA XVII.

Arlecchino, il Servo del casino, e due Servitori de’ giuocatori.

Primo Servitore. Figliuoli, venite qui, fintanto che i padroni pranzano, divertiamoci un poco. Arlecchino, avete denari?

Arlecchino. Se gh’ho quattrini? E come! Cossa penseu, che sippia qualche mamalucco? Vardè mo, coss’èli1 questi?

Secondo Servitore. Capperi, sono zecchini. Come avete fatto tanti denari?

Arlecchino. Me li ha donadi el me patron.

Terzo Servitore. Ve li ha donati, o li avete rubati?

Arlecchino. Qua su sto proposito ghe saria da discorrer un pochettin. Per quel che dis el me patron, el me gli ha donadi, ma mi che son un omo sincero, posso dir in conscienza che ti ho sgraffignadi.

Primo Servitore. Orsù, giuochiamo.

Secondo Servitore. Son qui, giuochiamo pure.

Terzo Servitore. Via, tagliate, fate la banca, (al primo servitore)

Primo Servitore. Tenete; due zecchini d’oro, e diciotto o venti lire di moneta.

Arlecchino. Come se fa a zogar?

Secondo Servitore. V’insegnerò io. Quattro, a due lire. (punta)

Terzo Servitore. Otto, a tre lire.

Arlecchino. Quattordese, a cinque soldi.

Primo Servitore. Oh via, giuocate come va. (ad Arlecchino)

Secondo Servitore. Mettete i punti che ci sono, e non il quattordici.

Arlecchino. Va un zecchin, a un ponto.

Primo Servitore. A che punto?

Arlecchino. A che punto che voli vu.

Primo Servitore. Volete che vada al cinque, al sei?

Arlecchino. Sì, al cinque e al sie.

Primo Servitore. Mezzo per parte?

  1. Sav. e Zatta: cossa xe.