Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/296

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282 ATTO SECONDO

Pantalone. Sior Lelio, sto atto de giustizia che ela fa, prova che ela non ha operà1 mal per costume, ma per accidente. Le male pratiche le conduse al precipizio, e l’esempio cattivo fa cattivi anca i boni. Accetto i tresento cinquanta zecchini. La ringrazio ancora in nome del sior Florindo, al quale darò sti bezzi, anca sibben che no l’è mio zenero. La vaga senza paura, che el cielo la benediga. Ma la diga, cara ela, la pioggia l’ha veramente persa el sior Florindo?

Lelio. Sì, ve lo giuro sull’onor mio.

Pantalone. Furbazzo! e el sostegniva de no.

Lelio. Niuno confessa volentieri aver commesso un delitto; anzi non vi è reo, per isfacciato ch’egli sia, il quale non procurasse, potendo, di celar la sua colpa. Per questa parte dovete compatirlo, e stabilire la massima, che il giuocatore vizioso impara facilmente ad essere mancatore e bugiardo. (parie)

Pantalone. Ah, pur troppo el dise la verità; e sto desgrazià de Florindo per el zogo el s’ha precipità. Sti tresento cinquanta zecchini ghe li darò, perchè mi no i posso tegnir, ma ghe li darò malvolentiera, perchè za el li tornerà a zogar. Chi gh’ha sto vizio in ti ossi, difficilmente lo pol lassar. (parte)

SCENA XV.

Camera.

Gandolfa e Pancrazio.

Gandolfa. Venite qua, signor Pancrazio, so che mi volete bene; venite qua, che voglio confidarvi una cosa in segreto.

Pancrazio. Sì, signora Gandolfa, son qui ad ascoltarvi. Confidatevi in me; sapete che vi voglio bene.

Gandolfa. State bene? Avete prese le pillole?

Pancrazio. Sì, le ho prese questa mattina, e mi pare di star meglio.

  1. Sav. e Zatta: non opera.