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342 ATTO SECONDO

Florindo. Nè io son in caso di accettare un tal sagrifizio.

Lelio. Parlatemi sinceramente. L’amate o non l’amate?

Florindo. Vi dirò ch’io la stimo, ch’io ho per lei tutto il rispetto possibile...

Lelio. E per questa stima, per questo rispetto la sposereste?

Florindo. Oh Dio! Non so; se non fosse per farvi un torto...

Lelio. Che torto? Mi maraviglio di voi. Vi replico questo sarebbe per me un piacere estremo, una consolazione infinita.

Florindo. Ma lo dite di cuore?

Lelio. Colla maggiore sincerità del mondo.

Florindo. (Son fuori di me. Non so in che mondo mi sia). (da sè)

Lelio. Volete ch’io gliene parli?

Florindo. (Oimè!) Fate quel che volete.

Lelio. La sposerete di genio?

Florindo. Ah! mi avete strappato dal cuore un segreto... ma voi ne siete la causa.

Lelio. Tanto meglio per me. Non potea bramarmi contento maggiore. Il mio caro Florindo, il mio caro amico, sarà mio congiunto, sarà il mio rispettabile zio.

Florindo. Vostro zio?

Lelio. Sì, sposando voi la signora Beatrice mia zia, avrò l’onore di esser vostro nipote.

Florindo. (Aimè, che sento! Che equivoco è mai questo! ) (da sè)

Lelio. Che avete, che mi sembrate confuso?

Florindo. (Non bisogna perdersi, non bisogna scoprirsi), (da sè) Sì, caro Lelio, l’allegrezza mi fa confondere.

Lelio. Per dire la verità, mia zia è un poco avanzata, ma non è ancora sprezzabile. Ha del talento, è di un ottimo cuore.

Florindo. Certo, è verissimo.

Lelio. Quando volete che si facciano queste nozze?

Florindo. Eh, ne parleremo, ne parleremo. (smania)

Lelio. Che avete che smaniate?

Florindo. Gran caldo.

Lelio. Via, per consolarvi solleciterò quanto sia possibile le vostre