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344 ATTO SECONDO


caso orribile nel quale mi trovo, non so a chi ricorrere, nè so a chi domandare consiglio. Un unico amico che mi potrebbe consigliare, è quei che manco degli altri ha da sapere i contrasti delle mie passioni: dunque mi consiglierò da me stesso. Animo, spirito e risoluzione. Due cose son necessarie: una parlar con Rosaura; l’altra andar via di Bologna. La prima per un atto di gratitudine, la seconda per salvar l’amicizia. Facciamole, facciamole tutte e due, e con questi due carnefici al cuore, amore da una parte, amicizia dall’altra, potrò dire che le due più belle virtù sono diventate per me i due più crudeli tormenti. (parte)

SCENA XI.

Camera di Ottavio.

Rosaura e Colombina.

Rosaura. Ma quella lettera a chi l’hai data?1

Colombina. Al facchino, ed egli in presenza mia l’ha consegnata a Trivella.

Rosaura. Io dubito che il facchino non l’abbia data.

Colombina. Vi dico che l’ho veduto io a darla al servitore del signor Florindo.

Rosaura. Ed egli non mi risponde?

Colombina. Non avrà avuto tempo.

Rosaura. E anderà via senza darmi risposta?

Colombina. Può anche darsi. Chi s’innamora d’un forestiere, non può aspettar altro.

Rosaura. Ciò mi pare impossibile. Il signor Florindo è troppo gentile, non può commettere una mala azione. Senza rispondermi non partirà.

Colombina. E se se vi risponde, che profitto ne avete voi?

Rosaura. Se mi risponde, qualche cosa sarà.

  1. Segue nell’ed. Pap.: «Col. Al facchino marito della lavandara, ed egli in presenza mia t’ha consegnata a Trivella. Ros. Perchè non l’hai data tu a Trivella? Col. Per non passare per una solennissima mezzana. Ros. Io dubito che il facchino ecc.».