Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, V.djvu/410

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stere. Eccomi, vi confesso la verità. Amore mi ha ferito, senza che me ne accorga. Voi siete stato la causa innocente del mio tormento, ed io per non abusarmi della fede che avete di me, ho risoluto partire.

Lelio. Partire? Anzi dovete meco restare, sintanto che io abbia assicurata la vostra pace.

Florindo. In che maniera?

Lelio. Colle nozze di quella che v’ha ferito.

Florindo. Come....

Lelio. Senz’altro. Se voi la bramate, ella sarà vostra sposa.

Florindo. Oh cielo!.... Signor Lelio.... Amico caro.... Son fuori di me.

Lelio. Perchè non dirmelo prima?

Florindo. Non avevo ardire; non mi pareva una buona azione.

Lelio. Via, sarete contento.

Florindo. Il cuor mi giubbila per l’allegrezza.

Lelio. Né io posso bramarmi piacer maggiore, oltre quello di divenirvi cognato.

Florindo. Cognato?

Lelio. Sì, sposando voi Beatrice mia sorella, non mi diverrete cognato?

Florindo. (Ahimè, che sento! Che equivoco è mai questo!) (da sè)

Lelio. Che avete, che mi sembrate confuso?

Florindo. (Non bisogna perdersi, non bisogna scoprirsi). (da sè) Sì, caro Lelio, l’allegrezza mi fa confondere.

Lelio. Per dirla poi, mia sorella non è sprezzabile.

Florindo. Certo, è bellissima.

Lelio. Quando volete che si facciano queste nozze?

Florindo. Eh ne parleremo, ne parleremo.

Lelio. E meglio parlar ora; se siete innamorato, non vedrete l’ora di sposarla.

Florindo. Sono innamorato, ma non sono furioso.

Lelio. Orsù, faremo così; voi darete la mano a Beatrice, quando io la darò alla signora Rosaura.

Florindo. (Oh che caldo). (smania)