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LA FINTA AMMALATA 451

SCENA VIII.

Il dottor Onesti e detti.

Onesti. Servo di lor signori.

Pantalone. Sior dottor, andemo de mal in pezo.

Onesti. Signora, che cosa avete?

Rosaura. Non so... mi sento... Oimè!... ho una sete crudele.

Onesti. Se ha sete, datele da bere.

Pantalone. No se sa cossa darghe; tutto ghe fa mal.

Beatrice. (Signor dottore, fra voi e me vi dirò il suo male). (piano all’Onesti)

Onesti. (Già me l’immagino, vorrà marito). (da sè) Colombina, fatevi dare quella boccia d’acqua cordiale, che ha portato ora il garzone dello speziale: prendete un bicchiere, e venite qui.

Colombina. Subito. (parte, poi ritorna)

Pantalone. La varda che no femo pezo. (al dottore)

Onesti. Fidatevi di me.

Pantalone. Ho paura che no la la torrà.

Onesti. Signora Rosaura, la prenderete?

Rosaura. La prenderò.

Onesti. Mi credete?

Rosaura. Vi credo.

Onesti. Quando l’ammalato crede al medico, guarisce più facilmente.

Colombina. Eccomi. (con una boccia d’acqua ed un bicchiere)

Onesti. Date qui. (getta l’acqua nel bicchiere)

Pantalone. Via, cara, per amor de to pare.

Onesti. Caro signor Pantalone, lasciate fare a me.

Beatrice. Lasciate fare a lui, che ha più grazia di voi. (a Pantalone)

Pantalone. Se no ghe la dago mi, no la la vorrà.

Onesti. Signora Rosaura, se ve la darò io, la beverete?

Rosaura. Signor sì.

Pantalone. Vustu che te la daga mi?

Rosaura. Signor no.

Pantalone. Via, la ghe la daga ela. Za no la ghe farà niente.

Onesti. (Cara signora Rosaura, è peccato che una giovine come