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e per le varie figure di dottori che presenta, poco gli sarà giovato il ricordo di quando non ancora quindicenne accompagnava a Chioggia il babbo nelle sue visite, precoce e vano noviziato. Men probabile ancora che nel dottor Onesti abbia ritratto il proprio padre (A. Lazzari. Il padre di G. Riv. d’It. febbr. 1907, p. 264; Rastignac [V. Morello], Goldoni. La Tribuna, 25 febbraio 1907). Se per la scienza, povero Onesti! Ma pure scarso di medica dottrina, come Giulio Goldoni doveva essere, avrebbe meritato davvero quel nome significativo se, per ciò che assicura celiando il figliolo (Mem. p. I, c. II.Memorie di Carlo Goldoni), fosse stato in grado di curare soltanto le malattie che conosceva. Affatto inverosimile la tradizione (e da accennarvi solo per compiutezza bibliografica) che il G. abbia trovato il soggetto di questa commedia a Rimini e là la componesse (Tonini, La coltura letteraria e scientifica in Rimini ecc. 1884, vol. II, p. 228).

Non ricordi personali d’una età troppo lontana; forse neppure esatto che Teodora Medebac e que’ suoi vapori, che giungevano e si dileguavano a volontà, dessero al poeta l’idea del lavoro, come gli sembrava, dimenticando interamente l’Amour médecin, più di trentanni dopo (Mem. 1. cit.). La fonte letteraria, per la favola generale e per qualche episodio, resta Molière (Maddalena, Fonti goldoniane. La finta amm. Ateneo ven. nov. dic. 1893; Lüder, C. G. in seinem Verhältnis zu Mol. Berlin, 1883, pp. 38-41). Ma la sua fortuna questa F. a. la deve assai meno al Molière che al rigoglioso genio comico del Nostro. Chi ben più del collegio medico, vano di sapere, d’ignoranza, d’impostura, rende infinitamente allegra questa commedia è Agapito il povero «speziale balordo», che secondo avverte la Premessa, avea dato alla commedia il suo primo titolo. Il Goldoni, spregiudicato in fatto d’unità di luogo, inteso anzi in questo solo alla fedele riproduzione del reale, ci presenta lo speziale nella caratteristica sua bottega, in mezzo ai dottori ivi raccolti, come vuole l’antico uso italico oggi ancor vivo, in cerca di clienti e di novità. Macchietta volgaruccia e convenzionale, piuttosto che vera figura comica, è parso questo speziale a V. Osimo (C G. Discorso ecc. Palermo, 1907, pp. 14, 15). L’ammira invece il Bertoni (Modena a Gold. p. 414). Poichè il G., a nostro avviso, s’era prefisso in questo lavoro di far ridere e nient’altro ( «Ce fut... le comique et la gaieté qui firent le bonheur de la F. M.». Mem. 1. cit.; non curiamo i predicozzi dell’A. a chi legge!), il suo brio comico non poteva davvero creare figura più esilarante. Sorte, non so se deplorevole o fortunata, questa degli speziali destinati, con una sola eccezione forse (Giulietta e Romeo), a far ridere sulla scena. Certo essi ne vanno debitori soltanto ai discepoli d’Esculapio che nel dileggio, onde il teatro classico volle gratificarli, li trascinarono seco, correi necessari. Ognuno rammenta gli speziali del Molière. Aggiungiamovi un Pantalone spetiale o L’apothicaire ignorant (Théâtre italien, vol. I, p. XXXII) e certo Monsieur Aquacotta (in una libera imitazione del Malade imag. composta da Bonvicin Giovanelli [Toldo, artic. cit. p. 2501] che nel suo dialetto veneziano confessa al pubblico il miglior modo di gabbare i clienti e guadagnare all’anno «mille per un». I medici troppo parchi di ricette non gli vanno punto a fagiolo «perchè col scriver poche ricette e lassar far alla natura, i ammalai guarise toppo presto». Anche le arti figurative non dimenticano le caratteristiche botteghe degli speziali. Chi non ha ammirato al-