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PAMELA 43


e in uno scheletro, e alla fine d’ogni sua furberia regalava il buon vecchio di bastonate.

Curbrech. (Si alza) Amico, permettetemi. Non posso più. (parte)

Ernold. Ecco quel che1 importa il non aver viaggiato, (a Bonfil)

Bonfil. Cavaliere, se ciò vi fa ridere, non so che pensare di voi. Non mi darete ad intendere, che in Italia gli uomini dotti, gli uomini di spirito ridano di simili scioccherie. Il riso è proprio dell’uomo, ma tutti gli uomini non ridono per la stessa cagione. V’è il ridicolo nobile, che ha origine dal vezzo delle parole, dai sali arguti, dalle facezie spiritose e brillanti. Vi è il riso vile, che nasce dalla scurrilità, dalla scioccheria. Permettetemi ch’io vi parli con quella libertà, con cui può parlarvi un congiunto2, un amico. Voi avete viaggiato prima del tempo. Era necessario che ai vostri viaggi faceste precedere i migliori studi. L’istoria, la cronologia, il disegno, le matematiche, la buona filosofia, sono le scienze più necessarie ad un viaggiatore. Cavaliere, se voi le aveste studiate prima di uscir di Londra, non avreste fermato il vostro spirito nei trattamenti di Vienna, nella galanteria di Parigi, nell’Arlecchmo d’Italia. (parte)

Ernold. Milord non sa che si dica; parla così, perchè non ha viaggiato, (parte)

SCENA XVII.

Pamela sola.

Tutti i momenti ch’io resto in questa casa, sono oramai colpevoli e ingiuriosi alla mia onestà. Il mio padrone ha rilasciato il freno alla sua passione. Egli mi perseguita, e mi conviene fuggire. Oh Dio! E possibile ch’ei3 non possa mirarmi, senza pensare alla mia rovina? Dovrò partire da questa casa, dove ho principiato a gustare i primi doni della fortuna? Dovrò lasciare madama Jevre, che mi ama come una figlia? Non vedrò più monsieur Longman, quell’amabile vecchio4 che io venero come

  1. Bett.: Ecco cosa.
  2. Bett. e Pap: un congiunto di sangue.
  3. Bett.: Possibile ch’ei.
  4. Bett. e Pap.: vecchierello.