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L'INCOGNITA 127


tento de viver in t’una terra, acciò le occasion e le pratiche della città no lo fazza precipitar. Ma qua femo pezo che mai. L’ozio della campagna l’ha precipità. Nol parla d’altro che de dar, de struppiar, de mazzar. In sto liogo noi gh’ha suggizion de nessun. Qua la giustizia no ghe fa paura. Ma ricorrerò al Governator, me butterò ai so piè, lo pregherò de trovar la maniera de farmelo andar lontan. El xe el mio unico fio, ghe vôi ben più che a mi medesimo; ma se no penso a correggerlo, se no gh’averò cura de castigarlo, sarò mi credesto a parte delle so colpe, sarò mi quello che le averà fomentade, e me crederò sempre in debito de tutto quel mal che averò perdonà a un fio discolo, a un fio vizioso e baron. (parte)

SCENA XII.

Campagna con prospetto di palazzine

Florindo solo.

Oh me infelice! Dov’è la mia adorata Rosaura? Ah, che se io non la trovo, mi voglio uccidere colle mie mani. Chi sa non l’abbia raggiunta Lelio? Chi sa ch’ella non sia fra le di lui braccia? Oh pensiere che mi tormenta! Oh rabbia che mi divora!

SCENA XIII.

Rosaura alla finestra del palazzo.

Brighella dietro un albero, che osserva, ed il suddetto.

Rosaura. Ah Florindo mio!

Florindo. Rosaura, voi qui? Voi in casa della signora Beatrice?

Rosaura. Oh Dio! Ci sono per mia sventura.

Florindo. Cieli! Che vi è accaduto?

Rosaura. Non posso dirvi di più. Andate voi dal signor Ottavio, gettatevi ai suoi piedi, procurate ricuperarmi.

Florindo. Sì, lo farò. Ma voi con chi siete?