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L'INCOGNITA 129

Rosaura. No, non sarà mai vero ch’io venga.

Arlecchino. Sangue de mi, se no vegnerì, ve porteremo. (afferrandola per un braccio)

Rosaura. Lasciatemi, o scellerati.

Arlecchino. Qua no gh’è altro, bisogna vegnir. (vogliono condurla via)

SCENA XV.

Lelio con spada alla mano, ed i suddetti.

Lelio. Indietro, canaglia, indietro. (colla spada incalza gli uomini)

Arlecchino. (Salva, salva; anderò dal master della posta, e se no ghe posso portar la donna, ghe porterò sto viglietto). (fuggendo)

Rosaura. (Ahi, destino crudele!) (da sè)

Lelio. Siete pur giunta nelle mie mani, (prendendola per la mano)

Rosaura. Lasciatemi, per pietà.

Lelio. Che lasciarvi? Venite meco.

Rosaura. Ah no, lasciatemi.

Lelio. Prima di lasciar voi, lascierò la vita.

Rosaura. Oh Dio! Dove mi conducete?

Lelio. In luogo di sicurezza. Andiamo. (la tira per forza)

Rosaura. Ahi, ahi!

Lelio. Vieni, vieni, ragazza. Dopo avere gridato un poco, ti placherai. (parte con Rosaura)

SCENA XV.

Camera di Ottavio.

Ottavio e Florindo.

Ottavio. Caro Florindo, da quando in qua vi siete voi acceso delle bellezze di questa incognita?

Florindo. Son da sei mesi ch’ella è venuta ad abitar nella nostra terra. Appena la vidi, il di lei volto mi piacque, ma più mi piacquero i suoi costumi, quando ebbi agio di conversare con esso lei.