Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/174

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164 ATTO PRIMO

Ridolfo. Son costretto obbedirvi. Figlia, andiamo. Signora, dov’è la contessa Eleonora?

Beatrice. La troverete nella galleria, che vi aspetta. Di là dovete passare.

Ridolfo. Andiamo, figliuola.

Florindo. Deh, concedetemi ch’io vi siegua. (a Ridolfo)

Beatrice. Giovane malnato, così pagate chi vi ha liberato di carcere?

Florindo. Che pretendete da me?

Rosaura. Florindo, addio.

Beatrice. Uditemi. (a Florindo)

Florindo. Eh! (sprezzando Beatrice) Cara Rosaura...

SCENA XVII.

Lelio con gente armata, e detti.

Lelio. Allontanatevi quanti siete. (ferma Rosaura)

Florindo. Ah scellerato!

Lelio. Uccidetelo, se si muove. Rosaura è in mio potere, e tu non isperare più di vederla. (a Florindo)

Rosaura. Padre, Florindo, raccomandatemi al cielo. (viene condotta via da Lelio e da uomini, due dei quali stanno con l’armi al petto di Florindo.)

Beatrice. Son contentissima. Perdono a Lelio l’insulto fatto alla mia casa, per veder fremere quell’ingrato. (parte)

Ridolfo. Oh vecchia età! Tu m’impedisci il seguirla. Numi del cielo, vi raccomando la sua innocenza. (parte) (Gli uomini lasciano Florindo, e partono.)

Florindo. Perfidi, scellerati, or mi lasciate? Or che non mi riuscirà d’arrivarla? Ma farò ogni sforzo per liberarla. Sì, a goccia a goccia spargerò il mio sangue, prima di abbandonare Rosaura. Perfido Lelio! Misero sventurato cunor mio!

Fine dell’Atto Secondo.