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168 ATTO TERZO

SCENA III.

Arlecchino con lanterna accesa.

Sia maledetto sto servir zente matta. Se pol dar de sta me padrona, che la vol per forza che vada a st’ora a trovar Florindo? E tolì, per causa soa son andà squasi in preson. L’è che semo amici coi sbirri, da resto i me cuccava senz’alter. Sarà mèi che fazza quel che m’ha dit el barisello, e che chiappa sti quattro paoli, e se la patrona vol aspettar, che l’aspetta. Za non ho da far alter che zirar qua intorno, e se vien zente, avvisarlo. Oh, sto mestier el me pias più del servir. Quattro paoli vadagnadi senza fadiga? Mo l’è la più bella cossa del mondo. (in questo punto si sentono delle schioppettate) Oh poveretto mi! Coss’è sto negozio? Oimè, presto, dove me nascondio? Anderò in sta capanna. (i due armati escono collo schioppo, e fanno il chi va là) Aiuto, son morto. Salva, salva. (fugge via)

SCENA IV.

Lelio con armati.

Lelio. Eccoci liberati ed illesi; il lume della luna ci ha favorito. Quei vili parte son morti, e parte sono fuggiti. Vi siete portati da valorosi; tenete, eccovi il premio che meritate. (dà denari a tutti) Amici, entrate nella capanna, prendete la donna, guidatela a me viva o morta, e seguitemi. Io vi precedo, per iscoprire se qualche nuovo tradimento ci fosse. (parte con alcuni armati)

SCENA V.

Colombina condotta fuori dalla capanna a forza dai due uomini armati.

Colombina. Scellerati, che volete da me? Io non sono quella che ricercate. Aiuto, povera me! La mia pudicizia. (vien condotta via)