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204 ATTO PRIMO

Filiberto. Vado via. Subito ch’ei ci lascia, ci converrà andar a stare un anno in villa, per rimediare alle nostre piaghe. (parte)

SCENA VI.

Donna Aurora, poi Guglielmo.

Aurora. A tempo giunte sono le venti doppie. Se donna Livia mi lascia in libertà di disporne, posso impiegarne dieci per acquietar mio marito, e ciò facendo, tornano anch’esse in profitto di quello a cui erano destinate.

Guglielmo. Servitore divoto della signora donna Aurora.

Aurora. Serva, signor Guglielmo; che vuol dire che mi parete confuso?

Guglielmo. Per dirle la verità, batto un poco la luna.

Aurora. Che cosa avete che vi disturba?

Guglielmo. Non vedo lettere di casa mia; passano i giorni e i mesi, e sono stanco di essere sfortunato.

Aurora. Via, abbiate pazienza. Seguite a tollerar di buon animo le vostre disavventure. La sorte s’ha da cambiare, e ha poi da farvi quella giustizia che meritate.

Guglielmo. Ma non sono più in caso di differire. Conviene ch’io faccia qualche risoluzione.

Aurora. Siete annoiato di stare in questa casa?

Guglielmo. Un uomo onorato, quale io professo di essere, deve poi arrossire di aver dato un incomodo così lungo ad una casa che lo ha favorito con tanta bontà.

Aurora. Queste sono inutili cerimonie. Servitevi, che ne siete il padrone; e quanto più state in casa nostra, tanto più ci moltiplicate il piacere.

Guglielmo. Conosco di non meritar tante grazie. Nel caso in cui sono, la loro pietà è per me una provvidenza del cielo. Ma non posso tirar innanzi così; conviene per assoluto ch’io me ne vada.

Aurora. Perchè mai, signor Guglielmo? Perchè?

Guglielmo. Signora, io sono un uomo schietto e sincero, e non