Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/240

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228 ATTO SECONDO

Filiberto. Io non le voglio in questa maniera.

Guglielmo. Nemmeno io certamente.

Aurora. Chi non le vuol, non le merita. Le prendo io. (E le restituirò a donna Livia). (leva la borsa di mano a don Filiberto e a don Guglielmo, e parte)

SCENA VI.

Don Filiberto e Guglielmo.

Filiberto. Dunque voi non avete dato a mia moglie le dieci doppie?

Guglielmo. Vi dico, signore, che ella ha favorito me delle altre dieci.

Filiberto. (Come va la cosa dunque? Mia moglie avea venti doppie?) (da sè)

Guglielmo. (Questo è un imbroglio. Sarà meglio ch’io me ne vada). (da sè) Don Filiberto, vi sono schiavo.

Filiberto. Amico, scusate.

Guglielmo. Scusate voi l’ardire con cui...

Filiberto. Non parliamo altro.

Guglielmo. (Ora è il tempo di accettare l’esibizione della vedova; chi sa ch’ella non mi aiuti davvero? Tutto il male non vien per nuocere). (da sè, parte)

Filiberto. Venti doppie? Venti doppie? Di dove le può aver avute? Io non sono mai stato geloso, ma queste venti doppie mi farebbero far de’ lunari. (parte)

SCENA VII.

Camera in casa di donna Livia.

Donna Livia, poi il Paggio.

Livia. Chi pretende violentar il mio cuore, s’inganna. Io non ho ricchezza maggiore della mia libertà, e mi crederei miserabile nell’abbondanza, se non potessi disporre di me medesima. Guglielmo