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242 ATTO SECONDO


la lite, ma si è principiata male. Hanno intentato un giudizio in petitorio, senza poter identificare gli effetti. Conveniva far prima la causa del possessorio, e regolarsi così: ecco l’ordine che tener si doveva, ecco la domanda che andava in caso tal concepita. Per tanti anni la casa di Tivoli pagò alla casa d’Osimo seimila scudi l’anno di canone; sono sessant’anni che non si pagano, petitur condemnari pars adversaria ad solvendum. Che cosa avrebbono gli avversari risposto? non teneri? Avremmo detto loro: redde rationem. E colla ragione dell’uti possidetis sarebbesi convertito a loro debito il peso di provare la soluzione. Ma quando con un Salviano si domandano i fondi, spetta all’attore identificarli, e trattandosi di antichi titoli, trovandosi della confusione nei passaggi, nelle divisioni, nei contratti, si perdono le cause, non per mancanza delle ragioni, ma per difetto dell’ordine e della condotta. E se quest’ignorante ch’ella si compiace di trattar male, avesse avuto l’onor di servirla, scommetterei la testa ch’ella vinceva la causa, andava al possesso delli seimila scudi di rendita, gli pagavano i canoni arretrati di sessant’anni, e poi col tempo si potevano scorporare gli effetti, verificare li titoli, giustificar le ragioni e impossessarsi di una tenuta di beni. Essendo pur troppo vero, dipendere per lo più dalla buona condotta del difensore la fortuna o la rovina della causa, del cliente e della famiglia.

Marchese. Signor avvocato, avreste voi difficoltà di venire a casa mia, e discorrerla alcun poco con li miei difensori?

Guglielmo. Io parlo con chicchessia. Parlo con fondamento, e sono a servirla, se mi comanda.

Marchese. Bene; oggi vi aspetto. Domandate il palazzo del marchese d’Osimo.

Guglielmo. Verrò senz’altro a ricevere i suoi comandi.

Marchese. Compatite, se avessi detto... Io non l’ho fatto per ingiuriarvi.

Guglielmo. Ella è mio padrone, signor Marchese.

Marchese. (Costui parla bene. Mi persuade, e può darsi che colla sua direzione si possa repristinare la causa). (da sè, e parte)