Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/295

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SCENA II.

D. Filiberto e detta.

Filiberto. Signora D. Aurora, questo signor forastiere se ne va di casa nostra?

Aurora. Ha detto che fra otto o dieci giorni ci leverà l’incomodo.

Filiberto. Sono quattro mesi che va dicendo così. L’abbiamo ricevuto in casa per otto giorni, e sono quattro mesi.

Aurora. Abbiate pazienza. Se abbiamo fatto il più, facciamo il meno.

Filiberto. Ma in che linguaggio ve l’ho da dire? M’intendete, ch’io non so più come fare? Che non ho denari? Che non voglio far più debiti per causa sua?

Aurora. Non ho dato io un filippo ad Arlichino per spendere?

Filiberto. Eh, un filippo va tutto in oggi; e domani come faremo? Se non foste stata voi, l’avrei licenziato subito.

Aurora. Avreste fatto una bella finezza a quei due cavalieri Napolitani, che ve l’hanno raccomandato.

Filiberto. Quelli sono andati via, e nessuno mi dà un soldo per provvedere la tavola d’ogni giorno.

SCENA III.

Arlechino e detti.

Arlecchino. Siora padrona, l’è domandada.

Aurora. Vengo subito. (Fosse almeno il servidore di D. Livia). (via)

Filiberto. Chi è che domanda mia moglie?

Arlecchino. Un omo colla testa.

Filiberto. Eh, asino. Chi è?

Arlecchino. Credo che el sia el patron de D. Livia.

Filiberto. Come il padrone? Vorrai dire il servitore.

Arlecchino. Per mi patron e servitor l’è tutt’un.

Filiberto. Dunque tu e io siamo lo stesso?