Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/350

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Eleonora. Non ho cuore vederlo perder per mia cagione una dote sì doviziosa.

Aurora. Eh, semplice che siete! Chi v’ha insegnato d’amare in tal guisa? Rinunziare l’amante, per fare la sua fortuna? Eleonora, pensateci. Non vi lasciate sedurre, non vi lasciate ingannare. La vostra pace vai più di tutto l’oro del mondo, e se per far ricco Guglielmo, vi esponete al pericolo di morire, non siate tanto sciocca di sagrificare alla sua fortuna il vostro cuore e la vostra vita, (via)

Eleonora. Chi è costei che mi parla? Un nume del cielo, o un demone dell’inferno.

SCENA XIII.

Donna Livia ed Eleonora.

Livia. (Partì donna Aurora? Per sua cagione non ho potuto veder Guglielmo!) (da sè) Eleonora, che fate qui? Avete voi risolto?

Eleonora. Sì, signora, ho risolto. Guglielmo è mio, e non voglio sagrificare per voi il mio cuore e la mia vita. (via)

Livia. Che sento? Parla così risoluta? Ah, temo che abbia parlato con donna Aurora. Non mi perdo perciò; nulla lascierò intentato per vincere il di lei cuore; e se valerà quanto ho al mondo per persuaderla, non risparmierò denaro e fatica per l’acquisto dell’adorato Guglielmo. (via)

SCENA XIV.

Camera del Vice Re.

Vice Re e Guglielmo.

Vice Re. Io sono talmente persuaso del vostro progetto, che domani lo spedisco a Napoli a Sua Maestà, ove son certo che sarà posto in uso, e voi avrete un premio che vi darà un stato mediocre per tutto il tempo di vostra vita.

Guglielmo. Cossa disela? No xelo facile, no xelo seguro?

Vice Re. È regolato maravigliosamente.

Guglielmo. Nissuno se poderà lamentar?

Vice Re. No certamente. Anzi tutti loderanno l’autore.