Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/38

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28 ATTO PRIMO

Roberto. Vado via... Se venisse il fattore... eh, non importa. Sentite... basta, tornerò, tornerò. (dubbioso fra l’andare e il restare, poi parte, indi torna)

Marchese. Signora donna Eularia, ieri sera speravo vedervi alla conversazione.

Eularia. Ieri sera sono restata in casa.

Marchese. Avrete avuta qualche compagnia grata, che vi avrà trattenuta.

Eularia. Sono rimasta sola, solissima.

Marchese. Sarà come dite; ma non si è veduto nemmeno il conte Astolfo, e tutti hanno giudicato ch’egli fosse con voi.

Eularia. Non è vero assolutamente. Vi dico ch’io sono restata sola. (torna Roberto)

Roberto. Signora donna Eularia, avete vedute le chiavi del mio scrittoio?

Eularia. No certamente.

Roberto. Non le trovo in nessun luogo.

Eularia. Avete ben guardato?

Roberto. Sì, ho guardato, e non le trovo.

Eularia. Aspettate, guarderò io. Con licenza. Signor Marchese, perdoni. (s’alza)

Roberto. Oh, chi vi ha insegnato le convenienze? Si lascia un cavaliere per cercar una chiave? Restate, restate, la cercherò io. Marchese, compatite. (parte)

Eularia. (Quest’uomo ha dei sospetti). (da sè)

Marchese. Onde, signora, qualche cosa si è detto sul proposito vostro e del conte Astolfo.

Eularia. Non credo che la mia condotta possa dar motivo di mormorazioni.

Marchese. È verissimo, ma siccome io sono stato il primo che ha avuto l’onor di servirvi, da che vi siete fatta la sposa, pare ch’io mi sia demeritata la vostra grazia, e le dame mi pungono su questo punto.

Eularia. Io ho ricevuto le vostre grazie per l’amicizia che passa fra voi e mio marito, e per la stessa ragione non ho potuto