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LA DONNA VOLUBILE 379

Beatrice. In casa sua non ci vengo mai più.

Eleonora. Io ci sono venuta per chiarirmi d’una cosa; per altro non ci veniva ne pur io.

Beatrice. Che razza di vivere! Ora d’un umore, ora d’un altro.

Eleonora. È un temperamento che incomoda infinitamente. Voi mi piacete, che siete sempre uguale, sincera e propria.

Beatrice. Cara Eleonora, anche voi siete fatta secondo il mio cuore. In verità vi voglio bene. (Non troppo per altro). (da sè)

Eleonora. Ed io son contenta, quando sono con voi.

Beatrice. Andiamo via di qui, venite con me.

Eleonora. Andiamo.

Beatrice. (La sua amicizia mi giova, perchè non iscopra a Rosaura l’amor mio per Florindo). (da sè, parte)

Eleonora. (La coltivo, perchè non dica ch’io tratto con Lelio). (parte)

SCENA XVII.

Altra camera.

Pantalone e Rosaura.

Pantalone. Orsù, vien qua, fia mia, ti sarà contenta: ho parlà col sior Dottor, pare de Florindo: semo amici, e tra lu e mi s’avemo giustà. Florindo sarà to marìo.

Rosaura. Signor padre, io non lo voglio più.

Pantalone. Come! No ti lo vol più.

Rosaura. Ho pensato meglio. È un giovinastro che non ha giudizio, non lo voglio.

Pantalone. Oh bella! Adesso che ho parlà col Dottor, ti me vol far far la figura del babuin. No basta che abbia da mancar de parola a sior Anselmo, ho da mancar al Dottor?

Rosaura. Piuttosto prenderò il signor Anselmo.

Pantalone. Veramente gh’ho dito al sior dottor Balanzoni, che gh’aveva sto mezzo impegno co sto mercante, che vol dir, sposandote a questo, no ghe saria tanto mal; ma se ti volessi un altro, ti me metteressi in t’un brutto impegno.