Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/392

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380 ATTO PRIMO

Rosaura. Prenderò il signor Anselmo.

Pantalone. Senti, adesso l’ho visto qua vesin: vago zo, se lo trovo, lo mando qua. Elo vederà ti, ti ti lo vederà elo, e se el genio s’incontra, presto presto concluderemo. (No vedo l’ora de destrigarme ste do putte de casa, questa principalmente: ora voggio, ora no voggio; la fa dar volta al cervello). (da sè, parte)

SCENA XVIII.

Rosaura sola, poi Colombina.

Rosaura. Florindo ingrato! Così tratta con me? Ma non è degno dell’amor mio: no, non lo voglio più; piuttosto, se avessi a fare un sproposito, lo farei con Lelio.... Ma egli voleva andar da Eleonora... può essere anche che non sia vero.

Colombina. Signora, è qui un certo signor Anselmo, che vorrebbe riverirla.

Rosaura. Venga, venga, è padrone. Vi è mio padre?

Colombina. Ha detto a me che l’introduca, che va ad un servizio e subito viene. Mi ha detto ch’io stia in anticamera.

Rosaura. Via, via, fallo passare. Ehi, dimmi, che figura è?

Colombina. Mi pare un’anticaglia. Io lo credo una bella caricatura. (parte)

Rosaura. Per far dispetto a questi ganimedi incivili, voglio sposarmi al signor Anselmo.

SCENA XIX.

Anselmo e la suddetta, poi Colombina.

Anselmo. Chi è qui?.... Oh illustrissima, eccellenza, perdoni.

Rosaura. Signore, perchè mi date questo titolo?

Anselmo. Faccio il mio dovere con una dama.

Rosaura. Io son Rosaura, figlia del signor Pantalone.

Anselmo. La signora Rosaura? La figlia del signor Pantalone? Con quel gran mappamondo? (il guardinfante) Servitor umilissimo.