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30 ATTO PRIMO

SCENA VII.

Il Conte Astolfo e detti.

Conte. Faccio riverenza alla signora donna Eularia. Amico, vi sono schiavo. (lo salutano)

Roberto. Caro Conte, è molto tempo che non vi lasciate vedere. Lo dicevamo appunto stamane con donna Eularia. Il conte Astolfo non si degna più, non favorisce più.

Conte. Sono molto tenuto alla generosa memoria, che si degna avere di me una dama di tanto merito.

Roberto. Chi è di là? Un’altra sedia. (il paggio la mette vicino a donna Eularia) Qui, qui, accomodatevi. (al Conte, e destramente scosta la sedia da donna Eularia)

Conte. Riceverò le vostre grazie. (siedono)

Marchese. (Questo servire in due non mi piace). (da sè)

Roberto. Amici, vi sono schiavo, vado per i fatti miei. Donna Eularia, a rivederci. (Ora ch’è in compagnia di due, la lascio più volentieri). (da sè, e parte)

Marchese. Conte, che vuol dire che ieri sera non vi siete lasciato vedere alla conversazione?

Conte. Avevo un affar di premura e sono restato in casa.

Marchese. Oh, ieri sera dominava lo spirito casalingo. Anche donna Eularia è restata in casa.

Eularia. Sì, ci sono stata volentierissimo, e in avvenire mi volete veder poco alla conversazione.

Marchese. Conte, sentite? Donna Eularia si lascerà veder poco alla conversazione.

Conte. Se ci date il permesso, verremo a tenervi compagnia in casa.

Eularia. In casa mia sapete ch’io non faccio conversazione.

Conte. Una veglia di due o di tre persone non si chiama conversazione.

Marchese. Di due o tre! Sì, è meglio di due, che di tre. Donna Eularia, che ama la solitudine, starà meglio con uno che con due. Il signor Conte sarà la sua compagnia.