Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/418

Da Wikisource.
406 ATTO TERZO


fedele e farò che di me si formi miglior concetto. Ma come potrò io ricuperare il cuor di Florindo? Se gli potessi parlare, spererei persuaderlo. So aver io qualche volta dei momenti felici, nei quali mi posso compromettere di una vittoria.

SCENA II.

Brighella e la suddetta.

Brighella. Signora, gh’è el sior dottor Balanzoni che la vorria reverir.

Rosaura. (Questi è il padre di Florindo... Verrebbe a tempo). (da sè)

Brighella. Comandela che el vegna, o ch’el vada?

Rosaura. Digli che è padrone.

Brighella. Benissimo.

Rosaura. No, senti. (A me non è lecito parlar col padre dell’amante in tal congiuntura). (da sè)

Brighella. Lo fazzo passar?

Rosaura. Vorrei... e non vorrei.

SCENA III.

Dottore e detti.

Dottore. Si può venire? (dì dentro)

Brighella. Animo, cossa vorla che ghe diga?

Rosaura. Digli... non so.

Brighella. La resti servida, che l’è padron. (Cussì la finirò mi). (da sè)

Rosaura. Chi t’ha detto?...

Brighella. La vegna; la se comodi. (al Dottore che viene)

Rosaura. Se io non voleva...

Brighella. Se no la sa comandar, che la vada imparar. (parte)

Dottore. Signora Rosaura, mi perdoni l’ardire.

Rosaura. Oh, signor Dottore, mi favorisce, s’accomodi.

Dottore. Giacchè non v’è il suo signor padre, mi prenderò la libertà di parlare con lei.