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I PETTEGOLEZZI DELLE DONNE 451

SCENA XI1.

Anzoletta e detta.

Anzoletta. Lustrissima, con so bona grazia.

Beatrice. Oh Angioletta, ben venuta. Avete accomodato l’andriè?

Anzoletta. Lustrissima sì. L’ho slargà un pochetto sotto i brazzi, come che l’ha m’ha dito e l’ho stretto in centura un deo2 per banda. Se la se lo vol provar, son qua a servirla.

Beatrice. Non vi è bisogno. Quando avete fatto quello che abbiamo detto, anderà bene.

Anzoletta. La vederà che el ghe anderà depento. (lo mette sul tavolino)

Beatrice. Cosa avete di bello in quel taffettà?

Anzoletta. Una vestina per una putta. L’aveva tolta per portarghela, ma ho savesto certe cose, e no ghe la porto altro.

Beatrice. E chi è questa putta?

Anzoletta. No la la cognosserà. La xe Checchina, fia de paron Toni.

Beatrice. Oh, la conosco. È la sposa di Beppo. Perchè dite di non volerle portar la vestina?

Anzoletta. Per un certo negozio... Basta, no vôi dir gnente.

Beatrice. Via, a me lo potete dire. Io non sono una ciarliera.

Anzoletta. So che la xe una signora prudente, e a ela ghe lo confiderò; ma per amor del cielo, che nissun sappia gnente.

Beatrice. Via, non dubitate.

Anzoletta. Ho savesto che no la xe fia de paron Toni, che la xe una bastarda.

Beatrice. Dite da vero?

Anzoletta. Lo so de seguro.

Beatrice. E Beppo lo sa?

Anzoletta. Bisogna che nol lo sappia. Se el lo savesse, nol faria sto sproposito.

Beatrice. Povero giovine! Non saprà niente.

Anzoletta. Anzi... El me fava l’amor a mi... E per causa de

  1. Sc. VIII nell'ed. Bett.
  2. Dito: v. vol. II. 212.