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I PETTEGOLEZZI DELLE DONNE 467


Lelio. Signore mie...

Beatrice. Come potrei fare per averne un paio?

Eleonora. Parlerò io colla ricamatrice.

Lelio. Deh, signora Eleonora...

Beatrice. Cosa vi pare di questo tuppè? Sta bene?

Eleonora. Sta benissimo. Volevo appunto domandarvi, se era il vostro solito o un altro.

Beatrice. Oh, non vedete? E nuovo.

Lelio. Per carità, una parola.

Eleonora. E il mio l’avete veduto?

Beatrice. Quello della settimana passata?

Eleonora. No, quello che ho fatto venir di Milano.

Beatrice. Oh no, non l’ho veduto.

Eleonora. Volete vederlo?

Lelio. Ma signore mie, non sono una bestia.

Beatrice. Oh sì, sì. Lo vederò volentieri.

Lelio. Mi hanno preso per un asino?

Eleonora. Sì, sì, andiamolo a vedere. (si alzano)

Lelio. Come! Mi piantano?

Eleonora. Vederete che vi piacerà.

Beatrice. Presto, presto, andiamo.

SCENA IX1.

Lelio solo.

Signora Beatrice. (Beatrice fa una riverenza, e parte) Signora Eleonora. (fa l’istesso Eleonora, e parte) Così mi trattano?2 Così mi deridono? Ma... hanno ragione. Io sono una bestia, e non me ne sono accorto altro che ora. Sono tutte due innamorate di me. Hanno gelosia una dell’altra, ed io sempre mi presento che sono unite. Le troverò separate, e son certo che tutte due languiranno per me. Sempre mi è andata così. Tutte le donne mi hanno disprezzato per causa della maledettissima gelosia. (parte)

  1. È unita, nell’ed. Bett., alla scena precedente.
  2. Pap.: così trattano?