Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/50

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40 ATTO PRIMO

Rodegonda. Questa è una delicatezza affatto nuova. Favorite, venite qui. Soffrite l’incomodo del mio guardinfante.

Roberto. Per questo poi, vi supplico dispensarmi. Non so come facciano il Marchese ed il Conte a soffrire sopra le loro ginocchia il guardinfante di mia moglie, e mi meraviglio che donna Eularia abbia sì poca convenienza di dar loro un sì grande incomodo.

Eularia. Dice bene mio marito. Allontaniamoci un poco.

Marchese. Oibò, stiamo benissimo. (la trattiene)

Roberto. In verità, è una cosa curiosa. Non si distinguono le gambe del cavaliere da quelle della dama. (ride con affettazione)

Conte. No, don Roberto, vi corre la dovuta distanza. (si scosta)

Roberto. Oh, lo dico per ischerzo. (come sopra)

Marchese. Amico, non m’imputate di malcreato. (a don Roberto, e si scosta)

Roberto. L’ho detto per una facezia.

Eularia. (Certamente questa cosa non vuol finir bene). (da sè)

Rodegonda. Amica, nel tempo che si trattiene qui donna Emilia, vi prego non abbandonarci. (a donna Eularia)

Eularia. Sarò con voi a servirla.

Emilia. Io non merito tante grazie.

Rodegonda. Donna Emilia, ho ritrovato una dama che vi farà compagnia; tocca a voi a ritrovarvi un cavaliere.

Marchese. Ecco lì don Roberto. Egli non ha alcun impegno. Sarà il cavalier servente di questa dama.

Roberto. A Castelbuono non s’usano cavalieri serventi; è vero, donna Emilia?

Emilia. È verissimo, non si usano.

Conte. Ella avrà piacere di uniformarsi all’uso della città.

Roberto. Anzi non vorrà corrompere il bel costume del suo paese.

Conte. Bel costume chiamate il vivere solitario?

Roberto. Io non ho mai creduto cosa buona la soggezione.

Marchese. Ed io non credo vi sia piacer maggiore oltre la società.

Conte. Povere donne! avrebbero da viver ritirate, neglette, instupide?