Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/513

Da Wikisource.

NOTA STORICA

Anche i Pettegolezzi entrano nelle famose sedici commedie che Goldoni s’era impegnato a scrivere in un anno; e non troviamo da mutare sillaba a quanto ne giudicò Domenico Gavi (Della Vita di C. G. e delle sue commedie. Milano, Stella 1826 p. 161) essere questa produzione «tolta da un niente, il quale sotto la sua penna e dalla sua maestria condotto, diventa così grande da riempiere tre atti con piacere e curiosità sempre accresciuta dall’aspettatore». Su tale meravigliosa facilità di concezione, per cui un momento alla finestra, uno sguardo per la camera, una parola afferrata in istrada gli erano materiali sufficienti per una commedia, s’esprime egualmente Vernon Lee (Il Settecento in Italia II, p. 260). Era infatti la penultima domenica di carnevale 1751, e non n’aveva ancora scritto un verso, ne abbozzato in testa nulla di nulla. «Esco quell’istesso giorno di casa (Goldoni stesso lo narra nelle Mem. II, XIMemorie di Carlo Goldoni) osservando se qualche maschera o qualche ciarlatano me ne porgesse per avventura il soggetto. Sotto l’arco dell’Orologio m’imbatto appunto... in un vecchio Armeno, mal vestito, molto sudicio e con lunga barba, che girava per le strade di Venezia vendendo certe frutta secche de’ suoi paesi, chiamate abagigi. Quest’uomo che aveva già incontrato più volte, era così noto e soggetto di scherno, che volendo burlarsi di qualche ragazza in cerca di marito, le si proponeva Abagigi. N’ebbi d’avanzo per tornarmene a casa contento. Entro, mi chiudo nel mio stanzino e imbastisco la commedia popolare: I Pettegolezzi».

Non è però l’armeno il protagonista; ma serve a formare il nodo della produzione, di cui ecco in breve l’itreccio. Checchina passa per figlia di un padrone di barca veneziano, cui era stata affidata fino dalla tenera infanzia. Giunta all’età d’accasarsi, le si presenta anche un partito convenientissimo; ma insorgono pettegolezzi, che guastano ogni cosa. Una donnetta che conosce il segreto della sua nascita, rivela in tutta confidenza ad una delle proprie amiche che Checchina non è altrimenti figlia del marinaio e l’amica spiffera l’affaire ad una conoscente; costei ad una terza; ed in breve tutto il mondo sa oramai che Checchina è una bastarda, e addio nozze. Intanto arriva a Venezia il vero padre di lei, che un accidente volle schiavo per molti anni, e che al costume direste un armeno pur egli; lo sembra anzi tanto che viene scambiato per il mercante d’abagigi, e Checchina spacciata per figliuola di quest’ultimo; i pettegolezzi tornano a grandinare, e tutta la contrada n’è piena. L’infelice è di nuovo vituperata, e chiamata la signorina Abagigi. Finalmente il padre putativo e quello vero s’incontrano. Tutto è messo in chiaro; la ragazza può sposare il suo innamorato, e la commedia termina allegramente.

Gli applausi furono fino dalla prima recita senza fine; e se Carlo Gozzi qualificò triviale la commedia (Opere, Venezia, ed. Zanardi, t. XIV, p. 121), quasicchè riproducendo le nostre femminette, Goldoni dovesse loro adattare lingua e veste di gentildonne, noi invece non ci sorprendiamo nemmeno oggi che la svelta inspirazione, la naturalezza dei caratteri (Cfr. Momigliano. Il mondo poetico del Goldoni nell’Italia moderna, 15 marzo 1907, pag. 403), e la schiet-