Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/52

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42 ATTO PRIMO

Roberto. (Non ci mancherebbe altro). (da sè)

Marchese. Donna Emilia, non ci private della nostra damina.

Conte. Non ci state a rapire la nostra donna Eularia.

Roberto. (Pare che sia cosa loro. Io non c’entro per niente). (da sè)

Emilia. Sono persuasa che ella non vorrà fare un sì tristo cambio.

Eularia. Quanto lo farei volentieri!

Marchese. Che malinconia è questa? (a donna Eularia)

Conte. Che novità? che novità?1

Roberto. (Or ora non posso più). (da sè)

Conte. Don Roberto, dite qualche cosa anche voi. Sentite che pensieri malinconici entrano nel capo alla vostra sposa2.

Roberto. (Freme.)

Marchese. Se voi vorrete partire, vi legheremo qui, vi legheremo qui. (fa il segno di legarla, e la prende per la mano)

Roberto. Non posso più. (s’alza)

Rodegonda. Che c’è, don Roberto?

Roberto. Con vostra permissione, devo andare per un affar di premura.

Rodegonda. Trattenetevi un momento.

Roberto. Convien ch’io vada. Non posso trattenermi.

Eularia. M’immagino che vorrete andare a vedere che fa vostra zia: con licenza di queste dame, verrò ancor io.

Roberto. No no, restate. Anderò io solo.

Conte. Via, quando lo dice il marito, si ubbidisce. Restate con noi.

Marchese. Vi legheremo qui, vi legheremo qui. (la prendono civilmente per le mani, volendola trattenere)

Roberto. Signora, con vostra buona licenza.

Eularia. Sentite...

Roberto. Tornerò3. (parte smaniando)

Rodegonda. (Quell’uomo ha qualche cosa per il capo). (da sè)

Eularia. (Povero don Roberto, egli è all’inferno per me, e senza mia colpa). (da sè)

  1. Segue nell’ed. Pap.: «March. Lo fate per farci disperare. Cont. Pensiamo a stare allegramente».
  2. Pap. aggiunge: alla nostra cara damina.
  3. Pap.: Tornerò, tornerò.