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LA DAMA PRUDENTE 45

Roberto. (In questa occasione). (da sè)

Eularia. Don Roberto, andiamo. (gli dà la mano)

Roberto. Signora donna Emilia, ecco un matrimonio all’usanza di Castelbuono. Colà sempre così, e qui in questa sola occasione. Là dicono che va bene, e qui ridono. (parte con donna Eularia)

Marchese. Signora donna Rodegonda, vi leverò l’incomodo. Signora donna Emilia, all’onore di riverirvi.

Rodegonda. Non ci scarseggiate i vostri favori.

Marchese. Questa sera avrò l’onor di riverirvi alla conversazione da donna Eularia.

Rodegonda. Con quella dama non conviene che vi arrischiate a parlar troppo.

Marchese. Tutte le mie parole la fanno alterare. Qui il signor Conte ha la fortuna di essere meglio ascoltato. (parte)

Rodegonda. È vero1, signor Conte?

Conte. Il Marchese lo va dicendo, ma io non ho fondamento di crederlo.

Rodegonda. Già lo vedo, siete due rivali.

Conte. La rivalità non mi dà gran pena: bastami di non essere soverchiato.

Rodegonda. Chi ama, non può soffrire compagni.

Conte. So che amo una dama, e l’amor mio non arriva al segno della gelosia. (parte)

Emilia. (Oh che belle cose! Oh che bellissime cose!) (da sè)

Rodegonda. Donna Emilia, questa sera andremo alla conversazione di questa dama.

Emilia. Ci verrò con piacere. (Imparerò qualche altra cosa di bello). (da sè)

Rodegonda. Servitevi qui nel vostro appartamento, ch’io intanto vo a dar qualche ordine alla famiglia.2 (parte)

Emilia. Prendete il vostro comodo. Oh che belle cose! Oh che

  1. Pap.: È vero ciò.
  2. Segue nell’ed. Pap.: «Em. Prendete il vostro comodo. Rod. Che dite, eh, donna Emilia? Al vostro paese le donne si farebbero ridicole con un servente, e qui ne hanno due. parte. Em. Oh che belle cose! Oh che ecc.».