Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/74

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64 ATTO SECONDO

Conte. Sì, ci rivedremo. (s’alza)

Eularia. Deh, per amor del cielo, fermatevi. Vi1 volete battere; già me ne accorgo. Che volete che il mondo dica, se si sa il motivo delle vostre contese? Così poco stimate l’onor mio, che non vi cale di esporlo2 per una sì lieve cagione? Di che potete di me dolervi? Quali offese ho io fatte ad alcuno di voi? Dunque, senza mia colpa, volete che io risenta una sì grave pena? Per le vostre collere, per le vostre pazzie, una povera dama sarà miseramente sagrificata? Dirà, chiunque avrà notizia del vostro duello, due rivali gelosi si sono battuti per donna Eularia. Chi potrà giustificare, che donna Eularia non fosse impegnata nè coll’un, nè coll’altro? Pensate meglio al vostro dovere, alle mie convenienze, al carattere che sostenete. Siate più cauti, siate più cavalieri.

Conte. Per me dono tutto al merito di donna Eularia.

Marchese. Farò dei sagrifizi; benchè dall’idolo male accettati.

Eularia. Via, mi consolo veder calmate le vostre collere. Siete amici, e siatelo per l’avvenire. Se per me nascono i vostri sdegni, liberatevi entrambi dalla cagione che li fomenta. So con chi parlo, ne vi è bisogno che più chiaramente mi faccia intendere. Signori, il sarto mi aspetta, con vostra permissione. (parte)

SCENA XIII.

Il Marchese ed il Conte.

Marchese. Conte mio, parlando senza caldo e senza passione, io non so per qual motivo vi siate posto in capo di venire a disturbar la mia pace.

Conte. Io a disturbare la vostra pace? Per qual cagione?

Marchese. Sapete che fino dal primo giorno in cui don Roberto sposò donna Eularia, io ebbi l’onor di servirla, e voi siete venuto a levarmi la mano.

  1. Pap.: Voi vi.
  2. Pap. aggiunge: al precipizio.