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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/429

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IL CONTRATTEMPO 415

SCENA II.

Beatrice sola.

Chi mai l’avrebbe creduto che Ottavio dovesse essere di sì mal cuore? Finchè ha avuto di me bisogno, era umile, amoroso, gentile; ora che spera altronde la sua fortuna, mi disprezza, m’insulta. Io non so intendere perchè vantasse in faccia mia il merito di Rosaura; che cosa spera da lei? Sposarla? No certamente. Suo padre non gliela darebbe. Potrebbe anche darsi, ch’egli l’avesse lodata così per capriccio, senza pensare ch’io di ciò mi potessi offendere. E quel maledirmi, e quel dire a Corallina che i miei dispiaceri sono pazzie? Saranno ingiurie, o che? Potrebbero anche essere inavvertenze. Egli è solito parlare senza riflettere. Questo è il suo difetto, e l’ho corretto più volte. Non mi pare poi ch’egli abbia un fondo cattivo. Mi ha protestata cento volte la sua gratitudine, l’amor suo.

SCENA III.

Corallina con un Servitore che porta un piccolo tavolino,
con sopra la tovaglia ed una posata; e detta.

Corallina. Ecco preparato, signora, comanda in tavola?

Beatrice. E Ottavio è venuto? (al servitore)

Corallina. Signora no; ma se verrà... Ehi, sentite, se viene il signor Ottavio, non gli aprite. (al servitore)

Beatrice. Chi dà questi ordini?

Corallina. Ma voi, signora...

Beatrice. Non le badare, aprigli quando viene. (al servitore)

Corallina. (È una bella testina!) (da sè)

Beatrice. Queste cose non si dicono ai servitori. (a Corallina)

Corallina. Ma se viene?...

Beatrice. Essi parlano, e mettono le padrone in ridicolo.

Corallina. Ma se viene il signor Ottavio?...

Beatrice. Se viene, venga. Metti l’altra posata.