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L'AMANTE MILITARE 313

Arlecchino. Sior. (piangendo)

Brighella. Morìu volentiera?

Arlecchino. Sior no.

Brighella. Savì pur, che chi deserta, ha da morir.

Arlecchino. Mi nol saveva, e me despias d’averlo imparà.

Brighella. Ma! ghe vol pazenzia.

Arlecchino. Sior sergente, quando i me mazzera, sonerali el tamburo?

Brighella. Certo, i lo sonerà.

Arlecchino. Pregh el ciel, che al tamburin ghe casca le man.

Brighella. Zitto, Arlecchin, che gh’è bona speranza.

Arlecchino. Oh, el ciel lo voia, per le mie povere creature.

Brighella. Avì delle creature?

Arlecchino. Digo per quelle che posso aver.

Brighella. (Se vede che l’è ignorante). (a Pantalone) Arlecchin, consoleve, la grazia l’è fatta.

Arlecchino. Fatta?

Brighella. Sì, anemo, leve su.

Arlecchino. Deme man1.

Brighella. Allegrezza, allegrezza. (tamburo suona)

Arlecchino. Aiuto, son morto. (si butta in terra, poi tutti partono)

SCENA XII.

Camera in casa di Pantalone, con sedie, tavolino e due pistole.

Don Garzia solo.

Non son contento, se non distendo al suolo quel temerario di don Alonso; o egli, o io, abbiamo in questo dì da morire. Non posso più vedermelo dinanzi agli occhi. Quando sono alla compagnia, e lo vedo, mi si rimescola il sangue. Darmi una spinta? A me quest’insulto? Ah! giuro al cielo, sarei troppo vile, se trascurassi di vendicarmi. Eccolo, giunge opportuno.

  1. Pap. ha invece: Oh cielo! Oh terra! Oh Giove!